I genitori di Anna giungono a consultazione psicodiagnostica poiché Anna, da qualche tempo, si rifiuta di alzarsi dal letto per andare a scuola. Anna è figlia unica e frequenta la quarta elementare. È una bimba graziosa, vestita con molta cura.
I genitori, molto preoccupati per il rifiuto della figlia di alzarsi, riferiscono di aver già provato in tutti i modi “con le buone, con le cattive… ma nulla, quando Anna decide di non andare a scuola nulla si può fare… piange e si chiude in bagno. Se obbligata, vomita.”
Il termine “fobia scolare” indica uno stato di ansia e paura incontrollata che si manifesta con costanti tentativi di rifiuto da parte del bambino o dell’adolescente di frequentare regolarmente la scuola e/o di rimanere in classe per un giorno intero. I livelli di ansia e paura sono tali da compromettere in modo significativo una regolare frequenza scolastica (che non risulta appropriata per l’età).
Per poter parlare di “comportamento di rifiuto scolare” (fobia scolare), il comportamento deve essere presente da almeno 2 settimane, o da un periodo più breve, ma con significative interferenze nel funzionamento quotidiano della famiglia.
Può colpire maschi e femmine in maniera uguale.
In genere, la fobia scolare si manifesta fra i 10 e i 13 anni, ma può comunque manifestarsi ad ogni età: per esempio fra i 5 e gli 11 anni per evitare un’emozione negativa e/o per ottenere attenzione, fra i 12 e 17 anni per sfuggire da situazioni sociali avversive o valutative e/o per ottenere ricompense. Può, inoltre, avere un picco di manifestazione quando si cambia ordine di studi (da scuola materna a scuola elementare o da scuola elementare a media).
Si può distinguere fra comportamento acuto di rifiuto scolare (se si manifesta in modo continuativo da almeno due settimane fino a 1 anno) e comportamento cronico di rifiuto scolare (se si manifesta da più di un anno, coinvolgendo, quindi, almeno 2 anni scolastici).
I bambini con questa problematica possono manifestare il rifiuto per la scuola in diversi modi: alcuni si alzano, fanno colazione, si preparano, ma poi non sono in grado di uscire di casa o, se escono, tornano indietro prima di raggiungere la scuola.
Altri si rifiutano di uscire dal letto oppure si immobilizzano in qualche angolo e spesso al mattino sono di malumore.
I più grandi tendono a rallentare le procedure per prepararsi al mattino e, anche se arrivano davanti alla scuola, scappano per tornare a casa.
Lo stato di ansia tende ad aumentare se si forza il bambino. Anche il tragitto per arrivare a scuola può essere difficoltoso; spesso il bambino rallenta il più possibile, piange e si dispera.
La paura è talmente grande che il bambino preferisce la punizione pur di non andare a scuola; molti promettono che ci andranno il giorno dopo, chiedendo, però, di restare a casa quel giorno.
Spesso, quando il bambino riesce ad arrivare a scuola e ad entrare, durante la mattinata (a volte anche dopo un’ora) può chiedere di chiamare a casa affinchè qualcuno la vada a prendere, oppure può iniziare a lamentarsi, disturbare e/o piangere, al punto da essere rimandato a casa.
Quando un bambino rifiuta di andare a scuola è importante chiedersi qual è il comportamento problematico primario. Un bambino può, infatti, rifiutare la scuola per una o più delle seguenti ragioni:
La causa può, quindi, essere di diversa natura: fuggire da qualcosa di spiacevole oppure cercare qualcosa o qualcuno di piacevole al di fuori della scuola (o entrambe le cose).
Attraverso i comportamenti di evitamento e/o di fuga dalla situazione spiacevole, si ottiene un’immediata riduzione del malessere e, quindi, dell’ansia. Questo diventa, così, un elemento “rinforzante” e aumenta la probabilità che l’evitamento o la fuga dalla situazione in cui l’ansia insorge avvenga nuovamente.
Questo meccanismo, noto come evitamento, è un elemento importante nel mantenimento del comportamento di rifiuto scolare e rappresenta un ostacolo per riuscire a risolvere il problema.
La ricerca della causa e delle variabili di mantenimento è fondamentale per identificare eventuali altre problematiche che possono concorrere a spiegare i sintomi del bambino e per mettere in atto un trattamento efficace.
Il comportamento di rifiuto scolare, se non trattato, può avere conseguenze a breve e lungo termine. A breve termine il bambino può manifestare un forte stress, avere un peggioramento nell’andamento scolastico, alienazione sociale, conflitti familiari.
A lungo termine, possono insorgere in età adulta un disturbo d’ansia, bassi livelli di autostima, difficoltà nel raggiungere il benessere personale e professionale.
Il trattamento cognitivo-comportamentale per bambini e ragazzi con comportamento di rifiuto scolare lavora principalmente sul modificare le cognizioni e i comportamenti. L’obiettivo è aumentare la frequenza scolastica a tempo pieno, senza sofferenza da parte del bambino.
Gli interventi che possono essere messi in atto sono molteplici e vengono impostati sulla base della complessità del problema, sul tipo di comportamento problematico primario e sulle variabili di mantenimento.
In generale, gli interventi possono essere: psicoeducazione sul bambino e sulla famiglia, uso del contratto terapeutico, training sulle abilità di comunicazione, insegnamento di tecniche di problem solving. Possono essere messi in atto interventi più specifici sulle paure del bambino, sui pensieri disfunzionali, sull’incremento della consapevolezza delle sue emozioni e sulle strategie di regolazione dei propri stati emotivi.
Quando il rifiuto della scuola è prevalentemente legata alle emozioni negative della paura, dell’ansia, delle difficoltà legate alla separazione e al restare da soli, l’intervento ha lo scopo di regolare gli stati fisici legati all’ansia (mediante tecniche comportamentali) e aumentare la consapevolezza dei propri stati corporei e del legame fra pensieri, stati fisici e stati emotivi (mediante tecniche cognitive). Si usano, inoltre, tecniche di esposizione graduale per favorire il progressivo reinserimento a scuola del bambino.
È possibile associare un’eventuale terapia farmacologica per tenere sotto controllo i disturbi, come l’ansia, che si possono collegare al comportamento di rifiuto scolastico. È importante ricordare, comunque, che i farmaci non modificano modi di agire e di pensare. Un trattamento cognitivo-comportamentale permette di rendere duraturo il progresso verso la riacquisizione di un’adeguata autonomia del bambino e verso pensieri più funzionali.
Dott.ssa Elena Paiuzzi - Psicologa e psicoterapeuta a Alessandria
Sede: Piazza Giuseppe Garibaldi, 21 - 15121 Alessandria | Via Carlo Pisacane, 23 - Alessandria
declino responsabilità | privacy | cookie policy | codice deontologico
AVVISO: Le informazioni contenute in questo sito non vanno utilizzate come strumento di autodiagnosi o di automedicazione. I consigli forniti via web o email vanno intesi come meri suggerimenti di comportamento. La visita psicologica tradizionale rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico.
©2016 Tutti i testi presenti su questo sito sono di proprietà della Dott.ssa Elena Paiuzzi .
Ultima modifica: 10/06/2016
© 2016. «powered by Psicologi Italia». E' severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.