Il trauma è considerato un problema notevole di salute pubblica, ma solo negli anni ’80-‘90 si è rivelato necessario un approccio informato sul tema, in gergo “TIA”. Un aspetto che spesso viene dimenticato a questo proposito è che per affrontare con efficacia lo stato post traumatico è necessaria anche una comprensione della vergogna ad esso legata. Del resto la vergogna va considerata come un effetto collaterale delle esperienze traumatiche. In generale per “trauma” si intende un evento che comporta minacce alla vita, o un incontro ravvicinato con la violenza e la morte. Si tratta dunque di un’esperienza sconvolgente, con effetti anche di lunga durata, che possono alterare significativamente la comprensione di sé, degli altri e del mondo.
Non esiste un approccio univoco a questo tipo di esperienza, ma si sa che i traumi più significativi si verificano soprattutto nei primi anni di vita (abuso, violenza, privazione, ecc.). Sono importanti anche quelle vissute in età avanzata, come la violenza sessuale, le guerre, i regimi oppressivi o le catastrofi naturali. Ovviamente non tutte le esperienze post-trauma sono per forza classificate come patologiche: possono eventualmente non cadere sotto la tesa del disturbo. Anche se la ricerca dimostra che gli individui che hanno subito un trauma possono avere esiti negativi in diversi contesti e che questi effetti possono durare tutta la vita. Gli individui in questione hanno una probabilità significativamente maggiore di soffrire di una serie di problemi sociali, psichiatrici, psicologici, comportamentali e fisici. L’adozione di un TIA cerca proprio di comprendere come le esperienze traumatiche possano diventare centrali nel corso della vita di un individuo.
È un cambio di prospettiva che consiste nell’affrontare le cause alla radice di un trauma, invece dei sintomi superficiali, tramite, innanzitutto, la riformulazione della domanda diagnostica di partenza: ossia, non “cosa c’è di sbagliato in te?”, ma “cosa ti è successo?” Di recente anche la vergogna è stata inclusa nei criteri diagnosti per il disturbo post traumatico. La sua classificazione, nel DSM-V, infatti si trova sotto “stati emotivi negativi persistenti”. Ma cos’è la vergogna?
Nella letteratura sul trauma essa è identificata come parte di una gamma di emozioni negative, comuni specie nei sopravvissuti (insieme a paura, orrore, rabbia, senso di colpa). Tra questi, però, la vergogna risulta fondamentale per il successo del TIA. Secondo molti studiosi, la vergogna va considerata come l’emozione principale, in quanto legata alla percezione di sé, al valore sociale, all’identità, alle relazioni e alla posizione all’interno di un gruppo sociale. Solitamente la vergogna è caratterizzata come un’emozione negativa: nasce infatti dal presupposto di essere visti e giudicati da altri come difettosi, o da un giudizio (esterno o interno) del nostro sé come inadeguato, inappropriato o immorale. Non a caso il termine “vergogna” si lega a emozioni negative affini, come l’imbarazzo, il dispiacere, la mortificazione e l’umiliazione. Talvolta la vergogna stessa è vergognosa, perché è vista come un tabù. La vergogna è un’azione iterata, in quanto vivere quest’esperienza può portare a un’intensificazione o alla moltiplicazione di se stessa: “ci si può vergognare perché ci si vergogna”. Questa è la ragione per cui di solito questa emozione viene di solito evitata, rifuggita o tenuta nascosta a tutti i costi, sia a livello individuale, sia collettivamente.
Dunque, in psicoterapia, ma non solo, l’uso del concetto di “vergogna”, legato a quello del trauma, si rivela necessario per servizi più sensibili e di supporto, soprattutto per evitare che il paziente subisca un ulteriore trauma. Il terapeuta, sensibile a questo stato emotivo, potrà rivelare dinamiche affettive che altrimenti sarebbero nascoste, oppure trascurate. Di conseguenza, una maggiore consapevolezza del paziente a proposito delle dinamiche emotive, porterà a una serie di risultati positivi, come un’attitudine più efficace nella gestione dello stress. Comprendere la vergogna, dunque può rivelare una serie di atteggiamenti solitamente tenuti nascosti dagli individui e produrre di conseguenza un maggior benessere.
Dott.ssa Elena Paiuzzi - Psicologa e psicoterapeuta a Alessandria
Sede: Centro clinico e forense - Via Antonio Gramsci, 50 - 15121 Alessandria (AL) | Via Carlo Pisacane, 23 - Alessandria
declino responsabilità | privacy | cookie policy | codice deontologico
AVVISO: Le informazioni contenute in questo sito non vanno utilizzate come strumento di autodiagnosi o di automedicazione. I consigli forniti via web o email vanno intesi come meri suggerimenti di comportamento. La visita psicologica tradizionale rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico.
©2024 Tutti i testi presenti su questo sito sono di proprietà della Dott.ssa Elena Paiuzzi .
Ultima modifica: 10/06/2016
© 2024. «powered by Psicologi Italia». E' severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.